Le emozioni esercitano una potente influenza sulla scelta degli alimenti e sulle abitudini alimentari che seguiamo.
La relazione tra emozioni e cibo è biunivoca: ciò che mangiamo influisce sul nostro umore e le emozioni che sperimentiamo influiscono sul nostro modo di mangiare.
Quello tra cibo ed emozioni è un equilibrio molto leggero. Difatti, quante volte succede di sperimentare una sensazione negativa e ritrovarsi senza appetito o all’apposto lasciarsi andare all’eccesso.
Alcuni alimenti ci fanno sentire meglio, più energici, gioiosi, altri ci rendono tristi e scontenti.
Attraverso il rapporto con il cibo si esprime un bisogno d’amore: il cibo diventa un anestetico con cui si cerca di rimuovere la sofferenza e/o insoddisfazione dalla propria vita.
Il rapporto con il cibo si interseca fin dalla nascita con le esperienze affettive legate ai primi rapporti significativi, se si pensa all’allattamento, allo svezzamento e a tutti i vissuti emotivi che condizionano queste esperienze.
Spesso, i cattivi comportamenti alimentari nascono in risposta a un’esigenza emotiva. Si tende ad avere la convinzione che il cibo, soprattutto quello ricco di grassi, già pronto e/o con un elevato contenuto di carboidrati e/o zuccheri, sia la cura per sentirsi meglio, la ricetta per la soddisfazione.
In circostanze simili il corpo non è più in grado di distinguere tra una fame fisiologica, essenziale e semplice da soddisfare, e una fame emotiva, improvvisa, impetuosa e che non sembra terminare con la sazietà anche dopo un pasto abbondante.
Un modo efficace per non lasciare che le proprie emozioni influenzino il rapporto con il cibo, è quello di mettere in equilibrio ciò che si prova a tavola con l’alimentazione. È pertanto fondamentale riconoscere le proprie emozioni e osservare il modo in cui esse agiscono nel momento in cui ci si relaziona con il cibo.
I casi sono due:
Il primo, più comune, vede il servirsi del cibo come metodo per gratificarsi, come rifugio dalle difficoltà, ottenendo in tal modo un sostegno momentaneo, lasciando poi emergere il senso di colpa per aver mangiato eccessivamente o per essersi concessi dei piatti non salutari. Convenzionalmente, alimenti del genere vengono definiti con il termine comfort food.
Il secondo vede il rifiuto del cibo, a causa di eventi depressivi, stati d’ansia, malesseri generalizzati, in questi casi il cibo viene percepito come un nemico da evitare.
In entrambi i casi è presente una forte componente emotiva che influenza l’apparato digerente.
Ormai è noto che sistema nervoso e apparato digerente sono fortemente connessi, in primis attraverso il nervo vago. È in questo modo che un evento ansiogeno può portare alla comparsa di sintomatologie psicosomatiche che possono coinvolgere i nostri organi.
Un modo per affrontare efficacemente questo tipo di problematicità è la consapevolezza: un primo passo può essere imparare a osservare e riconoscere gli stimoli e gli atteggiamenti che ci spingono a compiere delle scelte errate nei confronti del cibo.
Il solo imparare ad ascoltare quello che succede nel proprio corpo e nella propria mente in certi momenti, vivendo il presente e sospendendo il giudizio verso di sé, aiuta a sentire anche quali sarebbero le scelte più giuste da fare nel momento in cui è necessario nutrirsi.
Mi fermo e mi ascolto, di cosa ho davvero bisogno, come mi sento in questo momento? Che emozione sto provando?
È importante imparare a riconoscere i propri stati emotivi interni, ascoltare e conoscere il proprio corpo, prendere contatto con le emozioni e i bisogni più profondi.
Il corpo è sempre in comunicazione con noi, spesso urla in silenzio per attirare la nostra attenzione e per condurci verso la via del benessere, inteso come uno stato interno di serenità ed equilibrio.
Conoscere sé stessi, l’effetto che gli alimenti hanno su di noi porta ad essere liberi di scegliere in base ai propri bisogni reali.
Riuscire ad ascoltarsi ed entrare in connessione con il proprio corpo è un esercizio complesso che va coltivato ed allenato, l’aiuto di uno psicologo può rivelarsi fondamentale in tale prospettiva.
I pasti sono un punto di riferimento importante, scandiscono i ritmi della nostra giornata e ogni evento importante della nostra vita sembra essere accompagnato da banchetti alimentari attraverso cui socializziamo e festeggiamo. Come abbiamo visto, però dietro al semplice atto del nutrirsi si apre tutto il mondo emotivo di ogni singola persona, quando mangiamo proviamo delle sensazioni, un buon piatto ci regala qualcosa anche in termini emotivi. Proviamo a coltivare l’abitudine di notare in che stato emotivo ci sentiamo quando stiamo per consumare un pasto e monitoriamo quali scelte prendiamo di conseguenza, può essere un buon esercizio per capire qualcosa di più su noi stessi.